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Il Progetto

A' 2 Violini è un progetto multidisciplinare per la ricostruzione filologica:

dagli strumenti utilizzati alle ornamentazioni dei ritornelli.

Le ornamentazioni di Alessandro Ciccolini

La formazione del musico virtuoso del passato era costituita da solide fondamenta teoriche, basate sullo studio del canto figurato, del contrappunto, della composizione e dell’improvvisazione, a cui si univa un intensissimo approfondimento della della tecnica strumentale, che trovava un ideale completamento nelle innumerevoli occasioni concertistiche che la frenetica vita musicale religiosa e mondana presentava quotidianamente.

E’ praticamente impossibile individuare figure di grandi virtuosi del periodo barocco che non siano stati al contempo valenti strumentisti e sapienti compositori, capaci di diffondere in tutta Europa la loro arte. La grande fama dei virtuosi e dei compositori, travalicava facilmente i ristretti confini dei vari stati in cui era frammentata l’Europa, tanto che spesso venivano invitati a intraprendere avventurosi viaggio al fine di realizzare spettacolari tournée concertistiche per le varie corti, ma tale fama sovente, raggiungeva i più remoti luoghi del continente soprattutto attraverso il fiorente commercio delle edizioni musicali a stampa; infatti il mondo musicale europeo era costantemente alla ricerca delle novità editoriali dei più blasonati compositori alla moda del momento.

Antonio Vivaldi con la sua fama di eccelso suonatore era un punto di riferimento nella vita musicale della repubblica di Venezia di inizio XVIII secolo, i suoi “Drammi per Musica” venivano eseguiti nei teatri più importanti e grazie alle le sue opere strumentali, pubblicate dapprima a Venezia presso l’editore Bortoli e successivamente ad Amsterdam presso l’editore Le Cene, diffondeva il suo genio e la suo straordinario estro in tutta Europa, contribuendo come pochi altri compositori del suo tempo, a influenzare il gusto del mondo musicale dell’epoca. Celeberrime a Venezia erano le sue esecuzioni, in cui si lanciava in mirabolanti improvvisazioni, come testimoniato il 4 febbraio 1715 Johann Friedrich Armand von Uffenbach: “... verso la fine, il Vivaldi eseguì un mirabile “accompagnamento solo”, seguito da una fantasia che mi lasciò veramente senza fiato. una cosa simile non l’aveva mai suonata nessuno, né mai più alcuno la suonerà. Egli saliva con le dita fino a un pelo dal ponticello, tanto da non lasciare quasi più spazio per l’arco, eseguiva Fughe sulle quattro corde con una velocità incredibile...”. Sicuramente oltre alle spericolate ed elaborate improvvisazioni, le esecuzioni pubbliche del Vivaldi, virtuoso di violino, erano caratterizzate anche da una grande capacità nell’ornamentare estemporaneamente e con infinita fantasia, composizioni di propria mano o di altri autori. L’aspetto spettacolare di un’ornamentazione molto elaborata della musica strumentale, praticata estemporaneamente dai virtuosi, rappresentava un elemento unico e distintivo delle varie personalità, capace di rendere sempre nuove e sempre più stupefacenti le varie esecuzioni, dando sfoggio della propria capacità strumentale e della propria sapienza compositiva.

Le sonate di Vivaldi presenti in questa registrazione, rappresentano un vero e proprio spettacolare unicum nella produzione del Prete Rosso, caratterizzandosi come un fulgido esempio di composizioni con intento spiccatamente virtuosistico. I due violini vengono impiegati in maniera totalmente autosufficiente rispetto ad un basso continuo da impiegarsi “se piace”; i due solisti vengono lanciati in pirotecnici sfoggi di virtuosismo nei movimenti veloci, alternandoli sapientemente a struggenti movimenti lenti dalle sonorità più impalpabili e delicate. Ad eccezione dell’adagio della sonata RV 68, tutti i movimenti di queste sonate si presentano bipartiti, rendendo chiaro ed evidente l’intento del compositore, di affidare agli esecutori il privilegiato compito di stupire gli ascoltatori con le loro più sapienti e fantasiose ornamentazioni e di toccare i loro cuori con le più struggenti e flebili variazioni dei tempi lenti.

Dato tutte tutte queste considerazioni e affidandomi alla mia profonda conoscenza dello stile vivaldiano (a cui ho sempre rivolto la mia intera esistenza con grande ammirazione e rispetto), ho proceduto a realizzare, per ogni parte da ripetersi, delle ricche e consistenti elaborazioni del materiale preesistente, rispettandone sempre le peculiarità e le intenzioni espresse chiaramente dal Prete Rosso.

Gli Archi: La ricerca di Antonino Airenti

Vivaldi, Andrea Zani, Carlo Tononi & friends

 

Il rispetto per un repertorio musicale si manifesta in molti modi e la scelta degli stumenti coerenti con lo spirito della composizione è sicuramente fra questi. Entrambi i due esecuteri infatti suonano già con archi che sono copia di un originale appartenuto a Giuseppe Tartini e da lui usato in gioventù12, coerenti quindi sia per periodo che per area geografica.

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C'era modo di essere ancora più accurati? Forse si e mi ricordai che anni addietro ebbi la possibilità di fare il rilievo completo di un arco costruito proprio a Venezia da Carlo Tononi e datato con buona probabilità fra il 1730 e il 1740. Non potevamo avere occasione migliore che farne due copie e sperimentarlo sul campo.

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Tuttavia essendo il suo peso adatto alla viola decidemmo di realizzare due copie di un altro reperto originale molto simile in stile e qualità a quello di Tononi; l'arco con numero di inventario 53 custodito presso la Galleria della Accademia a Firenze3.

Speravamo in cuor nostro che queste due copie potessero essere ancora più aderenti al repertotio di questo progetto ma ci sbagliavamo (o almeno mi sbagliavo io) : l'altezza della punta e soprattutto il suo rapporto con l'altezza del nasetto li rende capaci di suonare l'arcata verso il basso uguale a quella verso l'alto in modo naturale (rispondendo in questo a richieste di repertori successivi a quello in oggetto) ma non adeguati a sopportare le arcate agili e nervose di Vivaldi e per questo motivo non sono stati utilizzati in questa registrazione.

Si è trattato di un insuccesso? Forse. Ci ha consentito però di chiarire alcuni degli aspetti che portarono l'arco per violino ad assumere forme differenti nel corso del XVIII secolo e comprendere è sempre un risultato positivo.

1 “The Tartini Violin Relics” The Galpin Society Journal LXIV (2011): 248–61
2 Collezione del conservatorio G.Tartini, Trieste
3 Collezione del conservatorio Luigi Cherubini Firenze ISBN 978-88-8347-368-5

https://baroquebows.airenti.it/

I Violini: le copie di Andrè Mehler

I violini utilizzati sono entrambi copie realizzate dal liutaio tedesco Andrè Mehler. I due strumenti si rifanno al modello di Santo Serafino, celebre liutaio veneziano del XVIII secolo. Lo strumento studiato e utilizzato come guida è l'esemplare integro in stato originale del 1735.

  http://www.geigenbau-mehler.de/

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La tecnica di ripresa: Rino Trasi

Per registrare due violini bisogna riflettere sul fatto che ci si trova davanti ad un ensemble minimo, privo delle tradizionali regioni audio di appoggio nel registro grave, ma non per questo musicalmente incompleto, grazie alla capacità degli autori di condurre un discorso musicale consapevole della corretta conduzione timbrica e linguistica dei violini stessi. Nell’approccio tecnologico è stato quindi necessario ragionare su come ottenere una immagine sonora che pur nei limiti psicoacustici della riproduzione, riuscisse a restituire il senso di completezza della scrittura sapiente dai compositori.

La prima cosa che ho pensato, è stato che l’immagine sonora non era una ma tre e che queste andavano integrate tra loro. Ovvero ogni strumento di per se doveva suonare “completo”; quindi due immagini da sovrapporre per i violini, anzi da accostare, e ad integrazione di queste immagini, la somma dei due strumenti nello spazio reale.

Così ho deciso di costruireuna immagine completa per ogni violino approcciando ogni strumento con una ripresa stereofonica indipendente e di fondere insieme successivamente la somma di queste riprese, con una ripresa omnidirezionale che a simulazione della percezione reale dell’orecchio umano, restituisse la completezza degli strumenti risuonanti nel teatro.

La ripresa stereofonica dei singoli strumenti è stata sperimentata a diverse altezze fino ad avere la risposta più naturale, considerando che nel progetto liutario del violino, le frequenze gravi si muovono verso l’alto. La ripresa omnidirezionale è stata anch’essa sperimentata a diverse distanze ed altezze al fine di simulare il più possibile la percezione reale nel teatro che fortunatamente offriva una buona acustica grazie al tavolato di legno del palco e della struttura all’italiana della platea.

Le doppie riprese stereofoniche sono state quindi realizzate con la tradizionale tecnica ORTF, ovvero con una coppia di microfoni shoeps MK4 a 17 centimetri di interasse ed aperti a 110°. Le coppie di microfoni ed i musicisti sono stati collocati in un immaginario spazio ricurvo al fine di attenuare il più possibile l’interazione timbrica fra le due coppie di microfoni. La ripresa omnidirezionale è stata realizzata con la storica tecnica AB mediante l’uso di una coppia di microfoni Shoeps MK2S, rispettando lo schema di collocazione noto storicamente per cui A e B devono distare tra loro almeno 3 volte la distanza dal fronte della fonte sonora. La tecnica AB è sembrata essere quella che maggiormente “fotografava” la percezione reale, dopo aver sperimentato una testa binaurale la cui immagine sonora tuttavia risultava troppo “piccola” rispetto allo spazio reale del teatro.

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